lunedì 1 maggio 2017

Gestalt: Arte della Consapevolezza


Molti ne parlano...

e prima o poi la si incontra. “Il tutto è diverso dalla somma delle parti” o qualcosa del genere. Ma in pratica cos’è e a cosa può servire?

Gestalt è un termine tedesco che significa struttura-forma

Inizialmente adottato agli inizi degli anni ‘30 da un gruppo di ricercatori della scuola di Francoforte che si occupava di psicologia della percezione, è diventato il simbolo di uno degli indirizzi più suggestivi nella psicoterapia e nelle scienze umane e applicato anche nella formazione, sviluppo e rafforzamento del potenziale individuale.

Tutto il suo “principio attivo” in una caramella

Sì, proprio quel “principio attivo” che in compagnia di “eccipienti” restituisce benessere. Lo conosciamo nei farmaci ma non è meno utile nelle caramelle. Solo per fare qualche esempio: I’ eucalipto per respirare, il rabarbaro per digerire e il caffè per svegliarsi. Insomma, la sostanza fondamentale della Gestalt, utile e gustosa, sono andata a cercarla nelle parole del suo autore Friederick Salomon Perls (1893-1979) e di altri autorevoli studiosi. E se vuoi conoscere di più, anche tu puoi visionare questa caramella di formazione cliccando qui Gestalt - Arte della consapevolezza e potrai anche scaricarla gratuitamente.

Troverai i fondamenti della teoria e alcuni “esperimenti” - che lui, Perls, chiamava proprio così - assolutamente d.o.c.
Se poi, come si sa una caramella tira l’altra, vuoi "scartare" le altre #caramellediformazione, le troverai nella pagina caramelle di questo blog talentoneltratto.com. Una pagina che si arricchisce di sempre nuove golose tentazioni. Il prossimo lavoro riguarderà le emozioni.
Esplora, scopri, condividi e non dimenticare di raccontarci qui la tua esperienza.

Grazie

 

 

domenica 9 aprile 2017

Raccontare la casa d'infanzia: un esempio


Premessa

Il racconto della casa d’infanzia narrato da un’anziana signora si riferisce ad una casa abitata da una famiglia contadina agli inizi del ‘900 in un paese del sud Italia

1-1 La nostra casa

Aveva un grande portone di accesso alle 4 stanze consecutive comunicanti fra loro e tutte rivolte alla strada. Era al piano terreno di uno stabile di due piani, come la maggior parte dei palazzi nel paese, e costituita da quattro vani di sette metri per sette. Proprio quelli che attualmente vengono destinati a negozi.

A quei tempi la vita si svolgeva fra questi ambienti e la strada. In una di queste stanze c’era il negozio di verdura gestito da mia madre. Nella seconda stanza era il ricovero del mulo: mezzo di trasporto familiare e di lavoro per la campagna. Oltre al mulo c’erano conigli e galline. Un gatto, Lolone, garantiva l'assenza di topi. Nella stessa stanza c’era il tavolo da pranzo per 24 persone. Nella terza stanza c’era il laboratorio sartoriale di mia sorella Libera: un grande tavolo con un grande cassetto nel quale a fine giornata si riponevano i lavori in corso.

C’erano anche due letti grandi: uno per i maschi, da una piazza e mezza, e un altro per le femmine, dove dormivamo in cinque e io dormivo da piedi. Nell’ultima stanza c’era la camera dei genitori con il mobilio di pregiati mobili intagliati nell'ottocento. Agli angoli di ogni elemento c'era la figura in rilievo di un suonatore di mandolino. Nella stessa stanza, oltre al necessario per dormire c'era un angolo salotto con tanto di divano e poltrona per ospitare persone di riguardo. Sul cassettone alto c’era un piccolo altarino composto da un reliquiario con 32 reliquie, opera di un sacerdote di una famiglia altolocata che aveva dovuto svendere alcuni pezzi importanti e al suo acquisto aveva provveduto mia sorella Peppina. C’era inoltre una statua di sant’Anna e un’altra della Madonna del soccorso, il tutto protetto da campane di vetro. Ai tempi si dormiva su letti molto alti. Avevano come supporto dei cavalletti su cui poggiavano delle tavole di legno. C'era poi un grande contenitore di stoffa riempito con foglie di granturco, il "saccone", che richiedeva una manutenzione frequente per la sostituzione di quelle danneggiate, ed un materasso di crine vegetale che per il letto dei  ragazzi doveva essere particolarmente rigido. Le lenzuola erano fatte a telaio e venivano lavate una volta al mese.

1-2 - Il bucato

La biancheria si lavava con la "liscivia". Così veniva chiamato un liquido ottenuto dall'infusione della cenere in acqua. Bollita e versata sui panni disposti a strati in un tino, veniva lasciata per circa tre giorni e garantiva un bianco candido. I panni bagnati erano molto pesanti e sciacquare e strizzare era un lavoro da fare con impegno, meglio se con l’aiuto di una persona. Le lenzuola venivano attorcigliate e la parte già strizzata si arrotolava intorno al braccio. Dei grossi cesti accoglievano la biancheria che veniva trasportata in campagna tramite il carretto con il mulo. Non potevamo stendere sulla piazza nella quale abitavamo perché era considerata una delle piazze più importanti del paese.

*Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone esistenti è da ritenersi puramente casuale. La finalità di questa pubblicazione è didattica

Indicazioni metodologiche

Questo racconto è un frammento di una storia di vita. Ci fornisce quindi indicazioni sulle abitudini di una famiglia in un contesto specifico. Lo scopo era quello di trasmettere ad altri le proprie esperienze. Se però il racconto è finalizzato alla conoscenza di sé, oltre a questi elementi che hanno valore conoscitivo nell’attenzione rivolta ad alcuni oggetti e non ad altri e nella ricchezza di particolare che se sono ricordati vuol dire che hanno attirato l’attenzione, sono da approfondire le attività che l’autore del racconto svolgeva al suo interno: le sue abitudini, i suoi gusti, le persone che vi incontrava e i sentimenti che suscitavano. Gli ambienti domestici sono da considerare come dei contenitori all’interno dei quali sono custodite tracce dello specifico modo di essere.

Se vuoi provare...
dopo aver scritto di getto quello che la tua casa d'infanzia ti ricorda, puoi stimolare altri ricordi seguendo la mappa presentata in Raccontare la casa d'infanzia
Potrai trovare l'esercitazione completa a pag. 79 del libro di metodo Il Talento nel tratto
Ma se vuoi puoi tu stesso Scrivere l'Autobiografia leggendo i suggerimenti nelle #caramellediformazione, in una delle pagine di questo blog.
E non dimenticare di raccontarci qui, nei commenti, la tua esperienza!
 
Grazie

 

giovedì 23 febbraio 2017

Cambiando il Punto di Vista



Farsi un giro nel ruolo di un altro

"...e mi raccomando, voglio una confezione “sobria”, senza orpelli. È per mio nonno.” Questa, la richiesta del ragazzo “sobrio” mentre mi porgeva un ombrello altrettanto “sobrio”. Con un sorriso l’ho accontentato e nel frattempo mi domandavo come dovesse poi essere questo nonno. Quale la sua reazione, immagino composta, nel ricevere un dono da suo nipote. O forse no. Forse era un tipo del tutto diverso e poco conosciuto da quel ragazzo. Forse, chissà! A volte ci costruiamo delle idee di persone e situazioni che sono molto lontane dalla realtà. Finché non abbiamo la fortuna di farne esperienza diretta. Ed è quello che è capitato a me un po’ di anni fa.
Era nel periodo di Natale e una catena di grandi magazzini presente in tutta Italia aveva iniziato ad allestire in un angolo del supermercato un banchetto con tutto l’occorrente per confezionare i regali appena acquistati. Nella efficiente Milano, ove vivo, ognuno poteva procedere da solo. Qualche giorno dopo sono andata a Roma per festeggiare con i miei genitori e mi sono accorta che mancavano gli ultimi regali. In tutta fretta mi sono recata in un grande magazzino della stessa catena, ho effettuato gli ultimi acquisti e senza alcun dubbio mi sono diretta al tavolino delle confezioni per incartare i regali. Ed è lì che ho ricevuto la richiesta. Sono stata al gioco. Dopo tutto non stavo sostituendo un chirurgo in sala operatoria! E dopo la prima, ce ne sono state altre da persone che con pazienza aspettavano il loro turno. Nel frattempo, però, alcune commesse che stavano poco distante, - e fra cui c’era probabilmente l’addetta alle confezioni dei regali, che a Roma era invece prevista - iniziavano a guardarmi con sospetto. Ho capito che la mia esperienza doveva finire lì e sempre con un sorriso mi sono allontanata.

"...per vedere di nascosto l'effetto che fa"


Mi è servito per prendere le distanze dalla mia realtà e potervi tornare poi arricchita. Ho potuto "vedere di nascosto l'effetto che fa", come in una nota canzone di Iannacci. Ma ho potuto osservare anche le mie reazioni di fronte a richieste nuove. È forse quello che si cerca a carnevale indossando un abito di altri tempi. O forse è un privilegio che hanno gli attori indossando personalità a volte tanto distanti dalla propria. Però vuol dire poter guardare l’umanità da un’altra angolazione, proporsi in modo diverso e ricevere quindi risposte diverse.
Così come avviene per un luogo ormai noto come quello dell'immagine di questo post. La piazza Gae Aulenti a Milano è a tutti conosciuta come la piazza dei grattacieli, ma è bastato fotografarla da un punto di vista nuovo sulla scala mobile per scoprire molto altro. 
Ti è mai capitato di essere stato scambiato per qualcun altro? Oppure, quale persona ti piacerebbe sostituire di nascosto?
Raccontacelo qui

Grazie

martedì 10 gennaio 2017

A che punto sei?



“A che punto sei?”


…mi ha domandato mostrandomi un centimetro da sarto. “Immagina che ogni numero di questo centimetro corrisponda a un anno della tua vita.  E tu, a che punto sei di questo centimetro con gli anni che hai compiuto?”
“Bene, allora tu sei qui”, ha detto indicando con il dito il numero corrispondente. E ha poi continuato chiedendomi:
“Quanto pensi sia lunga la vita?” Secondo il rapporto Osservasalute del 2015, La Speranza di vita degli italiani si attestava su 80,1 anni per gli uomini e 84,7 per le donne (sono andata a controllare). E la recente pandemia ha peggiorato la situazione. “Se tutto va bene ti manca questo pezzo di vita”, mostrandomi una porzione di nastro che mi è sembrata molto piccola rispetto a quella che corrispondeva alla vita trascorsa. “E non sarà tutto di piena efficienza come quando avevi vent’anni...

Cosa vuoi fare nel tempo che rimane?”


Ha reso l’idea! Se le emozioni sono “messaggi di azione” devo dire che quanto ho provato in quella circostanza è stato un messaggio chiaro e forte. Certo che nel tempo trascorso dal 2015 ad oggi ne ho fatte di cose! Ma ciò che conta adesso è quello che voglio ancora fare, mi sono detta.
Lo so, ho meno energia, memoria, ho bisogno di occhiali: è biologia. Però dispongo di risorse che prima non conoscevo. L'esperienza di vita mi ha fornito indicazioni sul mio miglior modo di fare le cose: i miei Talenti. E poi ho ancora tanti sogni da realizzare. Non potrò realizzarli tutti, certo, e allora dovrò scegliere, mirare con precisione e organizzare con cura le energie. So già, per esempio, che sarebbe bello imparare il cinese, ma comporterebbe (per me, ma certamente per molti di voi ne varrebbe la pena) un enorme sforzo cognitivo e dispendio di tempo che potrei utilizzare per fare altro ottenendo maggiori soddisfazioni. E poi posso accontentarmi del traduttore di Google se proprio devo comunicare con un amico che parla solo quella lingua. Insomma, sapere cosa fare e con quali risorse.

Conosci le tue risorse, i tuoi Talenti, e le tue difficoltà ? Hai deciso cosa è più importante per te negli affetti, il lavoro e la crescita personale?

Il momento di realizzare i sogni

Forse è il momento di dedicare un po' di tempo a te per  fare il punto e riprendere slancio.
Ecco il materiale occorrente:

  • Tanti fogli o un quaderno
  • La tua penna preferita

E buona ricerca!
 
Grazie