"Giocando s'impara"...
A patto che il gioco sia davvero interessante e che sappia essere strumento di soddisfazione. Anche se quello che soddisfa qualcuno potrebbe lasciare indifferenti altri. E la molteplicità di giochi, dai più semplici un tempo ricavati disegnando con un coccio sull'asfalto (qualcuno ricorderà la "campana") a quelli più tecnologici giocati utilizzando il telefonino della mamma durante interminabili attese, fornisce un campionario vastissimo di stimoli per catturare attraverso preferenze e risposte le disposizioni innate e il modo più efficace per svilupparle.
In tempo di corsa ai regali qualcuno regalava "Il piccolo chimico" sperando di stimolare un talento scientifico, ma anche la semplice palla, per versatilità e "insospettabilità" come gioco "didattico", aveva un forte potenziale di conoscenza.
Non sto parlando solo di calciatori in erba, ma di abilità allenate proprio grazie al piacere di un gioco e poi rese fruibili in altri ambiti anche lavorativi.
Gioco individuale o di squadra?
Continuando con l'esempio della palla, giocare da soli facendola rimbalzare sul muro con difficoltà crescenti o roteare su un dito senza farla cadere non era abilità di tutti. Ci voleva precisione, senso dell’equilibrio, impegno nell’eseguire un allenamento per ottenere risultati soddisfacenti. Cosa motivava tanto impegno: la competizione rispetto a un compagno oppure il riconoscimento personale delle proprie capacità? E se si preferiva il gioco di squadra: corpo a corpo o “distanziamento”? Rugby o pallavolo?
Esercitazione
Individua il tuo gioco preferito nell’infanzia e ispirati alla porzione di mappa di questo post per aggiungere alcune informazioni. Analizzalo con il “Sistema dei 12 campi” utilizzandone i primi quattro presentati nel post Il Sistema per scoprire i Talenti
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Questo e molto altro nel libro di prossima pubblicazione “Talenti Adulti”: un testo di approfondimento del metodo esposto in forma sintetica in Il Talento nel tratto
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Grazie
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